Psicologo-Psicoterapeuta ad orientamento gestaltico - Monza

L’autunno e la ripresa in tempo di pandemia

ott
2020
07

scritto da on Letture utili, Pensieri

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autunno

L’estate è ormai alle spalle e tutte le attività sono lentamente riprese (scuola, lavoro, attività sportive, ecc.).

Di certo l’autunno che è appena iniziato, oltre alle giornate corte e alle temperature miti porta con se un clima di incertezza che ci è del tutto nuovo. I primi mesi di questo 2020 ci hanno insegnato a vivere in un clima di paura, l’estate è stato un momento dove siamo riusciti a ritrovare una sorta di normalità, nonostante l’uso delle mascherine ed il distanziamento.

Ma l’autunno e il rientro alle normali attività ci ha accolti con un clima di attesa: si parla di seconda ondata, di nuova infezione e gli eventi che caratterizzano i Paesi vicini alimentano questa sensazione.

La percezione che ci accomuna è la difficoltà a fare progetti, è difficile prendere decisioni troppo in là nel tempo, programmare non è per niente una attività scontata, proprio per questa atmosfera particolare in cui siamo immersi. È importante chiarire che queste sensazioni sono tutte fisiologiche e legate anche allo sfondo traumatico dei mesi passati. Sono sensazioni ordinarie. Potrà accadere che questa incertezza perduri, che ci faccia intuire che ancora per diversi mesi questa sarà la nostra quotidianità: mascherine, distanziamento, programmare considerando che sarà solo ad evento realizzato che potremmo dire se è stato possibile. L’incertezza potrà anche diventare una sorta di ansia stabile pervasiva, che può rendere difficile fare le normali attività o continuare la nostra vita nella forma precedente.

Il tempo culturale e sociale che viviamo, soprattutto per chi vive nelle grandi città o vicino ad esse, è un tempo che ci spinge verso l’accelerazione e verso la corsa. E già di per sé non ci sostiene alla pausa, al tempo della fisiologia e della biologia, all’ ascolto e al legittimare sensazioni e inquietudini. Di per sé, dunque è un tempo che anziché aiutare a placare e sciogliere le fatiche (la pausa serve per ricaricare le energie e per lasciarci assimilare le esperienze) le condensa e le cristallizza. Magari ci dà anche la sensazione errata di sentirci incapaci.

Inserire la pandemia nel nostro tempo culturale e sociale è una informazione importante per aiutarci a gestire questo tempo straordinario che, se da una parte porta delle sensazioni potremmo dire “ordinarie” in una situazione così, dall’altra può diventare momento in cui possono strutturarsi problematiche che se trascurate possono innescare un disturbo conclamato e più profondo.

Discriminare dunque tra ciò che è fisiologia e ciò che è patologia è importante e questo è il compito della psicologia e degli psicologi: distinguere ciò che è la risposta fisiologica della persona agli eventi dell’ambiente che ha solo bisogno di essere riconosciuta come tale ed essere legittimata, e ciò che si struttura come una sofferenza più profonda della persona, che ha bisogno di essere inquadrata, capita e risolta.

Spesso la prima figura che raccoglie la fatica della persona è il medico di base che, attraverso la lente di un approccio organicistico, fa ricorso immediato ai farmaci, in genere ansiolitici.  Questo approccio si limita a guardare la sofferenza dal punto di vista biologico e molecolare. Ma la sofferenza, anche quella fisica, ha bisogno di essere ascoltata, accolta, compresa, sostenuta in virtù di un approccio olistico alla persona che tenga conto delle relazioni, delle emozioni, dei vissuti, delle credenze, dei valori. Va da sé come anche il più banale dei fenomeni come l’ansia, che è indicatore di un malessere più radicato, abbia una profondità che non può essere trattata solo con una molecola. Certamente la molecola placa l’ansia del paziente (e anche del medico), ma questa velocità di risposta usando la chimica, impoverisce la situazione della possibilità di comprendere cosa succede, inquadrare l’evento, fare il discrimine fondamentale fra fisiologia e patologia e cogliere l’occasione di crescita personale che è insita in ogni sofferenza.

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